domenica 4 gennaio 2009

Al di là del cancro




Caro Ottavio,
è stato detto che la penna ha qualche affinità con la spada, ed io scrivo per combattere, per ferire o perire . Se tu fossi un’ombra ti accorgeresti che le ombre non si rassomigliano . Ed io scrivo anche per tutte le ombre che ho visto, anzi , che abbiamo visto nascere e morire qua dentro , in questo ospedale modello , che ospita i malati di cancro , scrivo per decidere la mia morte , impegnato a condurre a termine il compito che mi sono assegnato. Ecco, so , ad esempio , che dopo di noi, in questi letti dormirà l’universo intero , e non sarà più lo stesso universo , perché noi ne abbiamo modificato la forma, ne abbiamo segnato il destino, con il nostro dolore, soprattutto il tuo, caro Ottavio, così straziante, così atroce , ogni notte impiccato sulla sedia a invocare il torvast , e altri antidolorifici che non ti facevano nulla.
E ogni giorno a guardare il transito delle persone , infermiere, dottori, parenti, con occhi diversi, in modo sempre diverso, fino a decidere , noi, dentro il letto, con la febbre, con la sofferenza, a decidere di farle restare così, per sempre, come le vedevamo – sublimi o orrende – in quel momento, in quel preciso momento, quando apparivano al nostro sguardo di rive malate, di nubi folli, di sogni e d’oblio.
Cercavamo lì, tra le lenzuola , le padelle, l’odore di sangue e di piscio, le particelle , la particella di Dio, per dimostrare senza alcun dubbio, che Dio c’è, che Dio esiste, o che facevamo il tifo per lui , affinché esistesse . E Dio veniva davvero , di tanto in tanto , sotto forma del primario, con i capelli candidi e il bel volto liscio senza neppure una ruga, quel bel volto da statua greca, o latina , Licurgo, Cicerone , Seneca, freddo lontano distante, ma fiero , giusto , implacabile.
Qui ci trattano da pezze da piedi, signor Primario-Dio, dicevo io, - da vecchio colonnello in pensione , - e noi soffriamo, non siamo abituati alla sofferenza fisica, ma solo a quella dell’anima, a quella sì, ma non abbiamo cognizione della malattia …E il Primario-Dio faceva ampi gesti con la mano , ed era come se sollevasse un’alba nuova , proprio in quel momento . E il profumo dell’alba entrava nella stanza opaca , per tutto il tempo della sua presenza, circa due minuti, quando con il camice immacolato rasentava gli orli del nostro deserto ,della nostra solitudine bianca , e diceva ai collaboratori, Vedete , cari colleghi , questa sofferenza , questa lacerazione ? Ci deve ricordare che dobbiamo contare sulla nostra fedeltà alla professione , sul nostro sacro giuramento. E l’esperienza c’insegna che talvolta il male acconsente a concedere una tregua al paziente , poiché esso ha bisogno di sonno. Lei , a casa, prendeva qualcosa per dormire? Sì, lexotan da 1,5. Vostra Suprema Solennità . Bene, bene , che gli siano date venti gocce di lexotan ogni sera prima di dormire.

2.
Ciò che rende tragico questo luogo siamo noi che lo abitiamo. Regole abitudini spazi cose gesti consueti , intimità , tutto spazzato via in un giorno, un calcio all’aria, un vaffanculo, un idraulico di Soverato , un maresciallo dei carabba di Albano , un contadino di Avezzano , un muratore della Scurgola, un piccolo imprenditore della Garbatella , con il pancreas devastante , cellulare infiammato e televisore personale acceso h24, questi i miei compagni di viaggio, prima di te, Ottavio.

Ho perso la nostalgia delle ricordanze
Vado sempre più a fondo
Nei sotterranei della mia coscienza
L’essere non invecchia mai mai
L’anima rimane fanciulla per sempre

Avevo un amico ch’era un genio assoluto
Era taciturno e solitario
Tutto preso dalla bellezza della matematica
Abbiamo guardato l’atomo da vicino
Persi in panorami inconcepibili
Con la ragione si fa poco strada
È l’intuizione che conta
E anche la controintuizione
Che è la chiave di tutto
Le particelle subatomiche cambiano
A seconda di come le guardi
Possono essere corpi o onde
Tutto dipende da te ,dal tuo sguardo

Dicono che col cancro bisogna combattere
Che non ci si deve rassegnare
Che si deve avere la volontà di guarire
E’ una battaglia che tu puoi vincere, amigo.
Non è vero
Il cancro se ti vuole uccidere
Ti uccide
Altrimenti no
Ma non dipende da te
Dalla voglia di vivere che hai
Dipende solo da lui
Ho visto gente lasciarsi andare , sprofondare nella disperazione
O nell’inedia , e campare ancora degli anni , o addirittura guarire
Altri invece li ho visti lottare con tutte le loro forze
Crederci
Pateticamente crederci
Illudersi e illudere gli altri
E poi consumarsi in sei mesi

Ma una donna che ti aiuti , ci vuole.
E’ necessaria.
E’ indispensabile.
Ma come fanno le donne ad essere così fragili
E pure così forti
Di quanti strati è composta la loro personalità
Quale segreto nascondono nel fondo dell’anima?

( continua)

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