martedì 6 gennaio 2009

Al di là del cancro (4)



14.La magia rappresenta il rituale relativo ai demoni , e lo stregone è il suo officiante (G. Roheim)

Eccomi qui , il giorno di Santa Barbara , a me caro , a guardare il sangue nero nel water e non so dove mi porterà questo percorso.

“Ogni inizio è invisibile , soltanto a poco a poco impariamo a vedere”
Un attimo fa ero affacciato alla finestra e guardavo nel parco che si stende sotto i nostri occhi due Husky , due cani con il ghiaccio negli occhi, che nel loro ambiente , in Alaska , - disse Maggiani - , rappresentano la vera protezione per un uomo, per un esploratore , certo meglio delle armi da fuoco, contro il possibile assalto degli orsi bianchi. Sono loro, con quel magico fiuto, a donare sensibilità, ad entrare in sintonia con la modalità d’essere dell’husky, e questo aiuta a controllare gli spettri della nostra paura, le belve , tipo appunto gli orsi bianchi. Sono loro che ci iniziano al rispetto delle forze della natura, alla prudenza, al sangue freddo. Che ci invitano all’ascolto, vero e profondo, della montagna che ci circonda... Ma ora quei due Husky nel parco di Malafede sono due povere bestie fuori ambiente , fuori asse, fuori mondo, fuori registro , fuori tutto , un po’ come me. E mi chiedo che significato possono avere lì , nel prato verde, dove sembrano totalmente estranei e indifferenti a tutto ciò che li circonda. Non giocano fra loro , né tantomeno con altri cani , non riportano il bastone al padrone , non fanno moine . Sono cani seri e tristi , forse, perché non si sentono in sintonia con loro stessi .
E così mi sentivo io nel vedere , lì , dentro il water , quella materia scura , con i fili rossi della voragine , contorni sottili della paura… Ma è proprio mio quel sangue brutto raggrumato nero schifoso che è apparso senza alcun preavviso , come per un sortilegio, una fattura , un wu-du , un maleficio , un rito antico, che sta per compiersi?, un rito che forse si è già compiuto in quell’atto stesso di pura fisiologia , mentre da qualche parte , chissà dove , sta officiando un occulto diabolico stregone gonfio di coca , con le danze le grida la lancia il fuoco ? Rifletto con l’ombra della mia solitudine, e il senso acuto di uno sbalordimento , incredulità. Non è possibile! Via! Tira la catena , premi il pulsante , e non pensarci più!. Ecco , non c’è più nulla, tutto è liscio, lindo, netto, chiaro. Il maleficio è svanito.
Ma l’angoscia sale.
E infatti , subito dopo si ripete l’emorragia. Non c’è alcuna magia. E’ tutto mio quel sangue che si reitera , che esplode, che “dice” eloquentemente che qualcosa non va , che fa mostra di sé, denso , raggrumato, fondo , pesante, oscuro, che si fa subito presagio di tormenti e di futuro nella tenebra.
“La strada, d’improvviso , divenne una galleria di specchi. Non si vedeva più il paesaggio: si vedevano volti. Guardavo venire avanti il mio”
Eccomi qui , fuggitivo dal presente , disperso nelle solite ombre della memoria che fanno ressa; il passato è un carosello , un carillon , tanti flashes irrelati , un treno da prendere in corsa , coll’ultimo vagone , magari ammodernato, abbellito rispetto all’ultimo viaggio. E’ il potere della memoria, il dominio dei ricordi che mi riporta come d’incanto ad una Santa Barbara di tanti anni fa , all’Anmi di Gallipoli , tra il fumo acre dei vecchi marinai , e l’odore stantio di birra di scarto. Davanti a me , i capelli ramati di una fanciulla dal volto pallido , favolosa onda di giovinezza in cui navigare con lo stupore della prima volta. Mi feci marinaio per una delusione d’amore , e ci ho passato trent’anni della mia vita , in mare, o davanti al mare. E quel mare è ancora lì , sotto i miei piedi , ancora pieno di desideri di addestrare il corpo la mente e lo spirito di giovani marinai , ma in trent’anni nessun enigma si è sciolto, nessun mistero svelato. Quel mare è solitudine , scoglio e pensiero ,quel mare è il tutto e il nulla , è il giro della mia prigione che non riuscirò mai a finire.
Ma ecco di nuovo quell’onda oceanica di capelli d’oro scuro , quella fiamma che illumina la stamberga dei vecchi marinai , che abbacina gli occhi degli spettatori , che travolgendo gli argini , le bitte e i cavi che tengono legata quella sgangherata zattera di cemento alla terraferma:

“In te si fa profumo anche il destino.
Batte la vita tua non mai vissuta
dentro di me
tic tac di nessun tempo”.

Non si imprigiona il mare in una gabbia di cemento, prima o poi il vecchio mare travolgerà tutto, argini, ponti e gallerie e tornerà la risacca sul Corso, statene pur certi, parola di Paolo De Tomasi, Capitano di lungo corso e primo pilota del porto . E se tu ora ci metti l’orecchio , amigo, quel mare di sale greco lo senti ruggire , ed è terribile . E’ come un rimbombo pauroso, da balena bianca , che risale l’onda con una possanza e una forza mostruosa, distruttiva , una Moby Dick imprigionata in una vasca da bagno.
Nel frattempo riecco la fanciulla dai capelli ramati , Barbara , che risponde fiera al console Marziano, che le ha detto che è giovane, bella e ricca , potrebbe aspirare ad un trono , invece non capisce perché si sia fatta cristiana, gente che rappresenta la feccia della società romana : “La giovinezza è solo un favore temporaneo. La ricchezza è infida. Il trono è superbia. E la bellezza è come la folgore, passa in un lampo. Nessun bene vi è fra gli uomini che non sia frammisto al male...Solo Dio è luce, guida e salvezza eterna”. Tutte cose assurde , dice il console romano , che le ha messo in testa quel filosofo da strapazzo, quel tale …..Rinnega queste bestialità. Per tutta risposta , Barbara gli porge la sua testa , bellissima , con puerile ostinazione : “ Vorrei conservare della vita soltanto la visione dell’infinito bianco del muro della mia torre” . E quel crudele carnefice , Dioscuro , colui che l’ha generata, con un colpo secco di scimitarra le mozza di netto il capo . Spietate fiamme del mio cuore , che fate? Non incenerite quell’empio? Che fa il sole nero, plasmato nel dolore?
Non può nulla. Il sole è spento . E il cielo si oscura. Ma ecco una folgore squarciare le tenebre e incenerire l’infame genitore. Di Dioscuro , ruffiano di Roma imperiale, non rimane nulla. Ma non torna più nemmeno il sole . Resta lassù , in quel profondo buio. Un buco nero.
Mi alzo, confuso, opaco, disperso , e come un automa mi vedo uscire di casa... Ma non sono io a dirigere i miei passi, i miei piedi non sono più miei. Sono come un automa. Fa tutto mia moglie, che ha preso in mano la situazione e mi guida. Mia moglie è tutto per me. Madre ,sorella , figlia, guida. Dice le mie parole, anticipa i miei pensieri e le mie mosse. Mi prepara il terreno, perché io sono come cieco, senza di lei. E lei, novella Antigone , mi porta per mano. Dovevamo andare a comprare il televisore a cristalli liquidi. Ci troviamo , invece , al pronto soccorso di Casal Bernocchi , con un medico perplesso che scuote la testa e un infermiere che allarga le braccia.


La parola è una spina:

“E’ una melena . Vada al Grassi di Ostia. E buona fortuna”





15. I poeti sono la nostra coscienza sveglia.


in fiamme, in autunni incendiati ,
arde a volte il mio cuore,
puro e solo . il vento che lo desta,
tocca il suo centro e lo sospende
nella luce che ride per nessuno:
quanta bellezza sparsa!

Vicino a me, mia moglie e mia cognata, i tesori della famiglia. Non esistono altri tesori. E il giorno che si fa più buio, più buio che nel cavo dei nidi notturni. A Ostia tutto è grigio , l’acqua è grigia , i cieli grigi cristalli , e un raggio bianco cadendo dall’alto dal cielo forma strisce di colori leggerissime, che man mano si fanno strumenti musicali… Sono i poeti , la nostra coscienza sveglia, che notano l’inesprimibile , che fissano il turbine…che evocano note musicali .Ma forse quella musica la sento soltanto io , che me ne vado con la fantasia a ordinare il cielo, a deviare il vento, prima che penetri nel baratro.
Le due donne che mi stanno vicine , invece sono serie , tristi , scure in volto , preoccupate , e ripetono : Su, coraggio!...Mi viene in mente un personaggio di Moravia. “Non c’è coraggio e non c’è paura…Ci sono soltanto coscienza e incoscienza. La coscienza è paura, l’incoscienza è coraggio…

16.Non sono gli dei che creano e spiegano gli uomini , ma al contrario sono gli uomini che creano e spiegano gli dei. ( F. Remotti)


Il grande buco che non si sa dove conduce.
Il buco nero.
Il buco e la conoscenza .
Il vuoto e la conoscenza
Bisogna prima spazzare bene il cuore
e la mente
Via l’angoscia
Via questa mezzanotte dello spirito
che porta
che sostiene l’alta fiaccola
e i sogni vesperali
arsi dalla Fenice
che non vengono accolti
da nessuna urna.
Dov’è l’oro antico
che agonizzava lungo il petto
intorno al collo
con la prora di una nave?…
Smettila di pensare!
Non c’è nulla da fare.
Il gioco non è tuo.
Aspetta!
Aspetta!
Ecco il guanciale:
Riposa.



Dentro di me Troia e le Twin Towers .La regione del gioco e dell’ordine segreto che lo regge . Sì, lo so, la scienza , l’arte , la cultura non salvano
né redimono. Ma possono aiutare a vivere , a sopportare l’orrore del vivere , in certi momenti. Le linee prospettiche , le diagonali di Paolo Uccello, le traiettorie di Totò Toma , il poeta rampante, che viveva sugli alberi e amava gli animali e il vino rosso. Gli sfondi favolosi di Durer, “Il Cavaliere e la Morte”.
La morte .
Il mondo ha smesso di pensare alla morte .
Del resto muoiono solo le teste di cazzo, dice Mario Monicelli , che ha più di novantenni, ma si crede immortale….
In realtà siamo tutti già morti e non lo sappiamo, ci aveva detto Euseibio Montale. Siamo tutti in un teatro d’ombre cinesi. Abitiamo un mondo ostile fatto di passaggi.
Il passaggio di un bisturi su un tavolo di marmo o di ferro. I pochi minuti , i pochi secondi ,le frazione di secondo, tutto è essenziale, tutto è eterno. Attraversiamo , se possibile , con dignità , l’indifferenza dell’universo che ci circonda, il punto di fuga, lo “scamuzzolo”. Cerchiamo costantemente la via di fuga, il pertugio da cui evadere dal labirinto , dalle spire del serpente, dal morso velenoso dello scorpione, dalla cloaca massima in cui si è subito immersi appena nati, da ciò che sbuca nel silenzio, da ciò che buca il silenzio.
Non più soli in un disumano universo, se hai un libro con te. Ma dev’essere un
libro cazzuto, davvero cazzuto, con le simmetrie dell’orrore e dell’amore.
Il sublime e l’immondo che ci circonda, l’amore dell’amore, quella forza che tutto muove , l’eternità dell’impressione, una fonte di perennità nell’attimo prescelto.
Ricordo Boccioni e i suoi funerali, trent’anni appena, morto per una caduta da cavallo, un genio riformatore come lui, e i grandi ventagli, lo spiegamento delle bandiere , il drappo rosso in rima visuale nel sole che buca un cielo arancione. Scorie e segni di una astratta solitudine della luce.
La luce anche può essere sola, con lunghi esiti di memoria.
Si può dipingere la luce delle stelle morte da millenni , e dipingere la terra con la stessa terra che non esiste più, la terra d’ombra di Afro Basaldella, con la sua solennità e una spiritualità tutta chiusa in se, con i religiosi effetti evocativi ed emotivi, i pochi colori addensati al centro dell’immagine, alleggeriti verso l’esterno dal nero all’ocra chiaro, attraverso impercettibili gradazioni tonali, il neoespressionismo primitivo africano, i totem le maschere i graffiti di Basquiat , morto per droga a vent’anni o poco più, e poi il Cattelan erede di Duchamp, Piero Manzoni, il genio della merda d’artista , Cucchi , ultimo espressionista visionario , e De Koonig che fa esplodere le forze primordiali con le sue donne astratte, oppure l’acqua ghiaccia di Jasèer Jhons, le spugne blu di Yve Klein, tutte cazzate più o meno.
Tutte cazzate.
Tutte cose che hanno a che fare con l’arte, più o meno, e con quel sovrappiù che è la cultura, diceva Tagore..
Mi fanno entrare in una stanza vuota, c’è solo un lettino e due medici giovani, da pronto soccorso di lungomare , da ER di Ostiamare.

Meravigliose le tue braccia
Quando morirò vieni ad abbracciarmi
Ma senza il pullover

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