giovedì 18 settembre 2008

Morte di una poetessa




Morte di una poetessa


I
Fu tra sabato e domenica

dopo il folle volo

in un bagno di luce

che discese nell’inferno

minore.

Disse a don Salvatore :

o lavo i tuoi piedi ,

o mi faccio puttana di strada.

Non c’erano mezze misure , per lei.

Poi , all’offertorio, prese la decisione…
In fondo , credetemi ,
fu una strana circostanza,
per una come lei ,
che era tutta luce e amore .
E anche un po’
di malinconico carnevale.

II
Era un angelo
di pietra leccese
( quelli che volano
immobili
sui soffitti
delle cattedrali barocche,
e scavalcano cieli
sempre un po’ troppo chiari) .

Era una gazza che strepita ,
allegra e malinconica
libera
fra gli ulivi sacri di Athena
Ma fu accecata da un bambino
sporco d’azzurro e di Salento
E divenne la gazza cieca
di memoria bodiniana
tenuta chiusa nell’orcio
per tutta la breve vita.

Era voce di voce ,
silenzio di silenzio,
pensiero di pensiero.



Aveva dentro di sé
schiere di santi .
e demoni ,
sempre in lotta fra di loro.

III
Vide la colonna corinzia
coi serpenti ,
che ora le s’avvinghiavano ,
candidi e feroci ,
ai piccoli seni.
Vide la Grotta della Poesia
E la luna di Rocavecchia
col suo candore.
Era sull’altare di gemme ,
corolle , insetti, profezie
e maledizioni
( sorte mia, sorte mia,
maledetta sorte!).
E il suo profilo nell’ombra
era un canto dell’Arcangelo.
che profuma di luce.
Vide con chiarezza
capì che per lei era l’ultima volta
Riascoltò intensamente la musica ,
i sospiri ,
le danze
e i fuochi d’artificio
che s’impigliavano

tra i suoi capelli d’oro
di madonna salentina.
Fece la comunione
Ma l’ostia era amara,
e i tentacoli del supplizio
sparsi sul soffitto a cassettone
( oh, il decoro erotico della preghiera ,
il ringraziamento,
la mossa finale ,
l’impronta smodata
che era di crudele pietà)…

IV
Lungo la via del ritorno
Vide bellissimi angeli
pieni di sfarzo e di armonia.
Sapevano, ma non fecero
neppure un cenno,
Erano muti e severi.

E tornò in silenzio
a casa sua , a Lecce,
in via dei Templari 13,
dove abitava , al quinto piano ,
di una palazzina
di una cooperativa di militari.

Uscì sul balcone a ripensare la sera
senza luna .
Era la partitura scenico-teatrale
della sua ultima rappresentazione.
All’una e trenta precise
ebbe l’ordine (dall’alto,
o dal basso?)
Ecco l’anello d’oro, l’organo ,
le canne di Bach
che esplodono come
torrente d’oro e di fuoco
l’estensione dell’anima sbendata ,
e poi l’amante distratto


il suo Icaro che non s’accorge
il poco peso ,
il poco vento
le ali di cera ,
la nera memoria
e la malinconia
di una strega stonata
che sfila il suo manto .

V
Si lanciò nel vuoto
come una vela ,
per il “folle volo”
(- gonna lunga , cappello rosso
e assenza di vento
17 anni appena la piccina,
coi libri in testa
e la cieca memoria
di un avvenire da Alice barocca)
Un mondo di figure estreme
il suo ,
metà giglio e metà fico d’india ,
un angelo sigillato
di inquietante quotidianeità .
Aveva profetizzato
la sua tragica fine:
“Volli la fine delle streghe volli” ,
ed ecco il suono dell’organino
e la grande giostra attorno
alla sua bara di garofani,
con i canti i fuochi le danze ,
i pianti e l’inferno grigio ,
l’inferno minore ,

da Beatrice minore ,
Beatrice tragica
del Tacco d’Italia.

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